Non c’è uno scrittore se prima non c’è un grande lettore
Quando incontro i miei giovani lettori, una delle domande ricorrenti è sempre: “Come si diventa uno scrittore?”
Per diventare scrittori bisogna prima di tutto essere grandi lettori. Questa frase è stata ripetuta come un mantra talmente tante volte da essere diventata un cliché. E come molti cliché, contiene una parte di verità.
È come quando si vuole imparare una lingua straniera: studiare le regole e la grammatica è fondamentale, ma per padroneggiarla davvero, non c’è altra alternativa che buttarsi e parlare. Con la scrittura è uguale; i corsi creativi e i manuali sono strumenti preziosissimi per orientarsi, imparare le basi della tecnica e acquisire “i ferri del mestiere”, ma la teoria da sola non porta da nessuna parte.
Per imparare davvero, non resta che fare due cose: scrivere, e naturalmente leggere. Dagli altri autori si possono toccare con mano le “regole” in azione, guardare come le hanno fatte proprie per poi, consapevolmente, stravolgerle; leggere permette di appropriarsi di mille stili altrui per poi trovare finalmente il proprio.
E così, la risposta più sincera alla domanda dei giovani lettori non può che essere questa (o almeno, questa è la mia risposta): per diventare scrittori (o scrittrici) dovete nutrirvi di storie, lasciarvi trasportare negli universi narrativi più diversi, immergervi nelle trame e nei vostri personaggi preferiti.
Ogni scrittore è stato prima di tutto un bambino che sognava con i libri, e con i libri imparava e cresceva: per questo ho deciso di inaugurare, qui sul mio blog, la rubrica Siamo quel che leggiamo, in cui parlerò ogni volta di uno dei libri che hanno accompagnato la mia vita e che hanno contribuito a fare di me la persona, prima che la scrittrice, che sono diventata.
Vi aspetto quindi su queste pagine, per un viaggio attraverso alcuni dei più bei libri per bambini e ragazzi (ma non solo) che sono stati scritti.
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